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IMPEGNO POLITICO

 

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“Quando incominciarono nel 1965 per Carosi i sintomi del male mi disse: “ Io mi ritiro”.
Ma non si ritirò. Venne sempre al Comune e in seguito, quando non poté più alzarsi dal letto, io, insieme ai consiglieri e alla guardia comunale andavo a casa sua. Là mi dava istruzioni e mi diceva il da farsi.
Una volta, stava per scadere il periodo di tempo che aveva stabilito il comune per li medico di Castel di Lama dott.Calvaresi. Per farlo continuare a lavorare doveva essere il Sindaco stesso con la giunta a deliberarlo. Gli telefonai, allora era ricoverato a Bologna.

“Come facciamo?” gli dissi.
“Ritorno io” rispose, e tornò da Bologna per due giorni, poi si ricoverò di nuovo”. - Ettore Nardinocchi -

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Mentre, con lo studio della sociologia e con la scoperta della pratica autentica della vita religiosa, affinava lo spirito, Carosi dedicava cure premurose alla sezione appignanese della Democrazia Cristiana. Fondò infatti la DC in Appignano insieme ad altri tra cui: Marinelli Giulio, Carosi Guerriero, Pulini Luigi, Luciani Giovanni, Alessi Angelo, Albertini Leonello, Armillei Giuseppe e Maria, Rodilossi Rosina, Grelli Romano, Di Giacomi Cesare, ing. Stipa Luigi.

Si deve dire innanzitutto che egli aveva una visione unitaria del partito e questo aspetto è evidenziato anche nell’intervista a Luigi Feriozzi.
La Democrazia Cristiana non doveva essere un partito paralizzato, monolitico, muto, ma un partito parlante e libero.
In seno al partito Carosi apprezzava la libera circolazione delle idee, lo scambio delle opinioni, il dibattito, ma infine conclusioni unitarie: si doveva restare sempre uniti nelle decisioni importanti da prendere.
La Democrazia Cristiana doveva essere capace di servire la Nazione senza divisioni interne, senza le febbri delle correnti, fedele a se stessa in una collocazione centrale, lontana dalle simpatie a destra e a sinistra come De Gasperi l’aveva voluta, sentinella di libertà per tutti.
La Democrazia Cristiana doveva avere in politica una forte capacità di sintesi sociale, di solidarismo popolare e non di lotta di classe.

Se la Democrazia Cristiana appignanese in quegli anni colse affermazioni clamorose, con moltissime percentuali di votanti e la conquista della maggioranza assoluta dell’Amministrazione Comunale, il merito maggiore forse deve attribuirsi al Carosi che riuscì a dare al Partito una dimensione popolare con struttura organizzativa efficiente e una forte capacità di penetrazione capillare tra i contadini, gli operai e gli artigiani.

Con il metodo dell’accostamento personale, di casa in casa per gli artigiani nel centro abitato, di stalla in stalla per i contadini dopo i lavori agricoli, si ottennero ottimi risultati.
Dopo aver costituito il contratto civico locale, il Carosi, laico cattolico uscito dal fascismo e dalla guerra, sensibilizzò la pubblica opinione sull’importanza dell’impegno politico animato dall’impegno apostolico, sull’importanza del voto (pochissimi furono gli astenuti) e sull’urgenza per i cattolici di sostenere la Democrazia Cristiana.
In altre parola Il Comitato Civico Locale, sotto la guida del Carosi, si dimostrò uno strumento agile, efficiente, utilissimo allo scopo di unificare e ingigantire l’azione politica del frastagliato mondo delle forze cattoliche.

Quando fu eletto sindaco nel 1948 erano anni difficili, quelli del dopoguerra, anni della ricostruzione. La sua non fu un’impresa facile; non fece certamente della demagogia, non promise posti o ricompense: fu un organizzatore nel senso pieno della parola; individuati i problemi ne studiava la priorità, trovava i finanziamenti nei provvedimenti di legge, nei vari ministeri governativi, dopo di che la sua azione riusciva a superare tutti gli ostacoli.

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