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LA D.C. E L’ AZIONE CATTOLICA PICENA NEI PERIODI 48/51 E 64/66

 

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PENSIERI

“Quando incominciarono nel 1965 per Carosi i sintomi del male mi disse: “ Io mi ritiro”.
Ma non si ritirò. Venne sempre al Comune e in seguito, quando non poté più alzarsi dal letto, io, insieme ai consiglieri e alla guardia comunale andavo a casa sua. Là mi dava istruzioni e mi diceva il da farsi.
Una volta, stava per scadere il periodo di tempo che aveva stabilito il comune per li medico di Castel di Lama dott.Calvaresi. Per farlo continuare a lavorare doveva essere il Sindaco stesso con la giunta a deliberarlo. Gli telefonai, allora era ricoverato a Bologna.

“Come facciamo?” gli dissi.
“Ritorno io” rispose, e tornò da Bologna per due giorni, poi si ricoverò di nuovo”. - Ettore Nardinocchi -

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Anche nella provincia di Ascoli Piceno, durante il secondo conflitto mondiale, gli esponenti dell’antifascismo, riorganizzarono le file dei loro partiti, sciolti nel 1926 dal governo mussoliniano. Per quanto concerne la Democrazia Cristiana,i primi tentativi per la costruzione di  una sezione provinciale del partito furono operati nel 1941 da alcuni sacerdoti (come il fermano Don Gaspare Morello preside del liceo classico della sua città) e da alcuni giovani provenienti dalle file dell’Azione Cattolica la quale – nonostante le persecuzioni subite nel maggio del 1931- era riuscita a mantenere una propria efficienza organizzativa, specialmente per opera dei Vescovi delle tre diocesi picene (Ascoli, Fermo, Montalto-Ripatransone).

A Siena nel 1941 alle riunioni in cui furono gettate le basi del nuovo partito, che doveva continuare la missione del partito popolare, intervenne pure l’avvocato Renato Tozzi Condivi, capo carismatico del laicato cattolico piceno. E fu proprio Tozzi Condivi che, al suo ritorno dalla città toscana, programmò e presiedette i primi incontri segreti fra gli esponenti del vecchio partito popolare e da alcuni giovani provenienti dall’Azione Cattolica e dalla FUCI. In quella prima fase l’attività dei democratici cristiani piceni fu assai limitata, risolvendosi in pratica all’approfondimento di quei problemi di carattere sociale, che costituirono più tardi i cardini del programma politico e amministrativo della Democrazia Cristiana.

Con la caduta del fascismo e l’inizio dell’occupazione nazista la condotta non mutò. Dopo la liberazione del Piceno dalle truppe tedesche, nel giugno del ‘44, la Democrazia Cristiana giustificò questo suo atteggiamento, comune per altro a tutte le altre formazioni politiche locali, ricordando che, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, era assolutamente impensabile che le forze alleate avrebbero impiegato la bellezza di dieci mesi per avanzare da Ortona al Chifente. Nell’aprile 1944, quando ormai era naufragata la speranza di un immediato arrivo delle forze alleate, i democratici cristiani collaborarono alla fondazione del Comitati di Liberazione Nazionale di Ascoli e di Fermo, partecipando pure alla lotta clandestina e alla resistenza. Anzi, va sottolineato il fatto che, a presiedere i due comitati di Liberazione Nazionale del Piceno, furono chiamati proprio due esponenti della Democrazia Cristiana: Renato Tozzi Condivi ad Ascoli e Don Gaspare Morello a Fermo. Dopo la liberazione, le forze rappresentate nel CLN ( DC, PC, PDL, PSI, PLI, PdA ) collaborarono nella gestione del governo locale. Ad Ascoli, per esempio, il prefetto Broise nominò la prima amministrazione comunale il 4 settembre 1944. Come risultò dal primo congresso provinciale del partito (San Benedetto del Tronto, ottobre 1944), il nucleo più consistente ed impegnato della Democrazia Cristiana fu costituito inizialmente dalle forze più del laicato cattolico e dai leaders più prestigiosi del vecchio Partito Popolare.

L’armonia tra i vari partiti del CLN, però, fu di breve durata: tra la fine del ’45 e l’inizio del ’46 due settimanali cattolici Piceni “il nuovo Piceno” e “la voce delle Marche” si fecero promotori di un’aspra polemica antibolscevica. I toni si fecero particolarmente duri in vista delle elezioni amministrative del ’46 e del referendum nazionale del 2 giugno di quell’anno. In vista di questa seconda consultazione, la Democrazia Cristiana picena indisse il suo secondo congresso provinciale (ottobre ’45). Le consultazioni elettorali del ’46, che si svolsero in un clima di violenza rivelarono che la Democrazia Cristiana rappresentava il più forte partito del Piceno. Due democratici cristiani, Renato Tozzi Condivi e Nicola Ciccolungo, furono eletti deputati alla Costituente. Nel terzo congresso provinciale del partito (Sant’Elpidio a Mare, luglio 1946) furono delimitati nettamente i confini dell’azione politica dello scudo crociato che doveva assumere una posizione centrale rispetto agli opposti schieramenti di centro e di sinistra. Questa tesi divenne dominante alla vigilia delle elezioni politiche del ’48, quando la DC si presentò all’elettorato come diga al comunismo. Nelle elezioni del 18 aprile del ’48 la DC poté disporre di molte forze che esercitarono un potente influsso. Tra queste, l’Azione Cattolica figura in primissimo piano. Essa, nell’occasione, organizzò i “comitati civici”, che tesero a costituire un’unità cattolica anticomunista e a persuadere gli elettori a votare in massa per la DC. L’appoggio ufficiale del clero si manifestò anche nell’azione di altre organizzazioni, discendenti più o meno direttamente dall’Azione Cattolica: i laureati cattolici, i maestri cattolici, le ACLI, i coltivatori diretti, ecc… Pure nell’ ascolano, il 18 aprile ’48 la DC raggiunse la sua massima affermazione elettorale raccogliendo il 51,5% dei suffragi. L’artefice principale della ripresa fu Renato Tozzi Condivi che si fece promotore di una vasta opera di sensibilizzazione e riuscì ad organizzare la Gioventù Italiana Azione Cattolica (GIAC), diventando Presidente del circolo di Ascoli Piceno e poi delegato regionale per le Marche. Lo stesso Tozzi Condivi sarà in seguito molto deluso sull’andamento della politica della Democrazia Cristiana ad un passo dall’imminente centrosinistra; in una lucida nota egli volle mettere in guardia i democristiani, facendosi portavoce dell’Azione Cattolica, della pericolosa tendenza di aderire alla lotta di classe sulla scia di una falsa interpretazione del cristianesimo, adescati dalle idee socialiste.

È noto che, dopo le elezioni del ’48, all’interno della DC andò prendendo consistenza una corrente, capeggiata da G. Dossetti, la quale invocava una decisa accentuazione della politica economica e sociale del partito. Questo gruppo, verso il 1951, fece i primi proseliti anche nella provincia di Ascoli Piceno, dove tuttavia la corrente centrista o degasperina continuò a recitare il ruolo fondamentale. Dopo le elezioni politiche del 1953, che fecero registrare un lieve calo della DC, la corrente di sinistra, che aveva assunto la denominazione di “Iniziativa democratica”, accentuò la sua lotta all’interno del partito. La “guerra” fra le due correnti fu particolarmente aspra nel biennio 1956/57 e si risolse, nell’autunno del 1957, nel congresso provinciale di San Benedetto che vide il trionfo della sinistra (a sostituire il dimissionario Aldo Laganà, alla segreteria provinciale, fu chiamato il “tambroniano” Gualtiero Nepi). Nelle elezioni, che si tennero il 21 maggio 1958, la Democrazia Cristiana migliorò notevolmente le sue posizioni nel Piceno; Renato Tozzi Condivi, pur essendo apertamente osteggiato dalla segreteria provinciale del partito, riportò un grosso successo personale, grazie proprio all’appoggio del clero di tutte le diocesi marchigiane. Dopo le elezioni del 1958, alla Democrazia Cristiana sembrò giunto il momento di tentare l’incontro fra cattolici e socialisti, che avevano preso un certo distacco dal PCI dopo le vicende del XX congresso del PCUS e dell’invasione dell’Ungheria. A rendere più ingarbugliata la situazione all’interno della Democrazia Cristiana contribuirono altri due fatti: la formazione di una nuova corrente, la “dorotea”, nata dalla scissione del gruppo di sinistra con l’appoggio di altri moderati e la ripercussione locale dei fatti del luglio 1960 che comportarono la caduta del governo Tambroni, il quale in vista delle elezioni del 1963 organizzò una propria corrente. Nelle elezioni del 1963, che avrebbero dovuto ratificare la nuova formula di “centro-sinistra”, la Democrazia Cristiana registrò un notevole calo.

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