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GIULIO MARINELLI

 

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PENSIERI

“Quando incominciarono nel 1965 per Carosi i sintomi del male mi disse: “ Io mi ritiro”.
Ma non si ritirò. Venne sempre al Comune e in seguito, quando non poté più alzarsi dal letto, io, insieme ai consiglieri e alla guardia comunale andavo a casa sua. Là mi dava istruzioni e mi diceva il da farsi.
Una volta, stava per scadere il periodo di tempo che aveva stabilito il comune per li medico di Castel di Lama dott.Calvaresi. Per farlo continuare a lavorare doveva essere il Sindaco stesso con la giunta a deliberarlo. Gli telefonai, allora era ricoverato a Bologna.

“Come facciamo?” gli dissi.
“Ritorno io” rispose, e tornò da Bologna per due giorni, poi si ricoverò di nuovo”. - Ettore Nardinocchi -

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Intervista a Giulio Marinelli
Assessore della Democrazia Cristiana I° Amministrazione Carosi.
Consigliere della Democrazia Cristiana II° Amministrazione Carosi.

Appignano del Tronto, lì 15/10/1983

-  Mi parli di Nicola Carosi.

-  Conobbi il Carosi quando insieme militavamo nell’Azione Cattolica, al tempo di Don Carlo Capriotti. Lui era capogruppo, perché era il più preparato; a quei tempi pochi andavano a scuola. Le riunioni si tenevano ogni venerdì, il parroco Don Carlo ci faceva vedere i filmini e ci parlava oltre che di Gesù e del Vangelo anche di cose attuali che succedevano o potevano succedere, Nicola faceva altrettanto perché aveva una certa cultura. Don Carlo ci suggerì una volta di entrare in seminario per coltivare la nostra vocazione; mi ricordo allora che Nicola Carosi disse: “I miei genitori sarebbero contenti; ma io non sono tagliato per fare questa vita!”.  Alle riunioni partecipavano molti giovani e giovinette; ne eravamo più di una settantina e per Appignano che in fondo è un piccolo paese, era proprio tanto. A volte venivano anche i rappresentanti dell’Azione Cattolica di Roma. Nicola Carosi era un ragazzo che dimostrava di avere tanta volontà; era pieno di intuizioni e si faceva voler bene da tutti. Era un uomo compagnone e amico di tutti; si andava spesso con tutti i giovani di Azione Cattolica sul monte Ascensione a piedi, chi portava qualche panino, chi l’acqua, chi il vino; lassù si mangiava, si beveva, si era allegri, si faceva una recita, si faceva una visita alla Madonna dell’Ascensione; poi alla sera si scendeva pieni di allegria. I giovani di allora sono morti quasi tutti: è rimasto Luciani Pietro a Valle S. Martino, Luciani Giovanni di Valle Chifenti, Garelli Giuseppe e Falciani Alessandro oltre a me e qualche altra ragazza. Noi tutti eravamo convinti che partecipare a questo gruppo di Azione Cattolica, formato da persone che cercavano di fare del bene, non fosse un entusiasmo passeggero, un’attività per bambini, ma una scuola di preghiera, di azione e di sacrificio. Carosi ravvivò questa associazione, aumentò il numero dei partecipanti, preoccupandosi della loro formazione religiosa e sociale tanto importante soprattutto in quel tempo perché era necessario trovare punti di incontro con tutte le forze che costituiranno poi la nuova democrazia. Egli riuscì in questo suo scopo tanto è vero che nel giro di pochi anni l’Azione Cattolica giovanile risultò più viva e più moderna. Proprio a lui, infatti, Don Carlo affidò il compito di formare questi giovani e lo nominò presidente della Gioventù Italiana Azione Cattolica nel ’45. Nel ’46 e nel ’47 fece delle conferenze di argomento sociale che servirono per far capire ai giovani che non avevano studiato, ma che erano desiderosi di conoscere, il pensiero della chiesa attraverso lo studio delle encicliche. Nel ’45 intanto aveva fondato, insieme ad alcuni rappresentanti del Partito Popolare, la Democrazia Cristiana in Appignano e sempre nel ’45 prese parte, in rappresentanza della Democrazia Cristiana, al Vomitato di Liberazione Nazionale. Dal Comitato di Liberazione Nazionale venne nominato assessore in attesa delle libere elezioni amministrative.

 

- Quale fu l’attività di Nicola Carosi come organizzatore politico?

- In quegli anni la DC ottenne successi clamorosi. Il merito va al Carosi che era riuscito a fare della Democrazia Cristiana un partito veramente popolare e ben organizzato. Egli aveva un suo metodo: accostava i contadini di casa in casa nelle campagne e gli artigiani di bottega nel paese; era una vera e propria attività capillare. Ma il capolavoro organizzativo di Nicola Carosi fu la ricostruzione in Appignano nel febbraio del ’48, del comitato civico locale. Si rivelò nelle sue mani uno strumento efficiente e molto utile allo scopo di unire, ingigantire l’azione politica delle varie forze cattoliche. Egli sensibilizzò l’opinione pubblica sulla necessità dell’impegno politico animato dall’impegno apostolico, sull’importanza del voto, infatti pochissimi furono gli astenuti, e sull’urgenza, per i cattolici, di sostenere la DC. Quando ci furono le prime libere elezioni nel ’46 egli si candidò. In quell’occasione la Democrazia Cristiana ebbe la maggioranza assoluta dei voti. Guidò poi la DC alla vittoria nell’impegnativa consultazione politica del 2 giugno ’46 per la costituente. In quell’anno, quando si riunì il Consiglio fu eletto Sindaco Priori. Grelli Romano, Armillei Giuseppe, Carosi Nicola e un altro che non ricordo, furono assessori. Poi c’era la minoranza che si opponeva. Nicola interveniva sempre come assessore a rispondere alla minoranza, accettava le osservazioni giuste e cercava di fare ogni cosa d’accordo per quanto era possibile. (Così fece sempre anche da Sindaco). Poco dopo però Priori in una riunione di Consiglio si oppose ad una delibera adottata sia dalla giunta che dal consiglio e presentò le dimissioni; il Consiglio nella stessa giornata lo accettò. La Democrazia Cristiana nominò allora tra tutto il gruppo dei consiglieri Nicola Carosi.

 

-Quali opere, ricorda, vennero realizzate in quell’amministrazione?

- La prima cosa che venne fatta, durante questa nuova amministrazione fu la strada di circonvallazione. Sotto al paese c’era a quel tempo, uno stretto sentiero a zig zag che ne congiungeva le due estremità. Nicola capì subito che quello era il punto dove doveva essere costruita la nuova strada: allora fece lo schizzo poi da solo parlò con tutti i proprietari di quelle terre, cercando di convincerli a vendere senza arrivare all’esproprio. Fu questo un vero scoglio, difficile da superare, perché  molti si opponevano.

Dopo pochi anni dall’ultimazione di questo lavoro, la strada che passava davanti all’Asilo che è ad una estremità del paese, franò e, immediatamente dopo, sprofondò anche quella che passa davanti alla Chiesa di S. Michele Arcangelo che è all’altra estremità del Paese. Tutte e due le vie di entrata del paese furono bloccate per diverso tempo. Queste frane furono dovute al fatto che a quel tempo venne costruita una fogna nelle vicinanze delle tubature dell’acquedotto del Pescara. Per fortuna che c’era la strada che Nicola Carosi aveva fatto anche contro l’opposizione di alcuni proprietari, altrimenti Appignano sarebbe rimasta in cima ad un cucuzzolo senza entrata e senza uscita. In quell’occasione tutti capirono e apprezzarono l’opera di Nicola. La gente in Appignano, in quel tempo, ammirò l’uomo Nicola Carosi e capì che realmente era stata una cosa ben fatta.

Dopo questo, Nicola Carosi pensò di aprire la strada a Valle Orta perché quella che c’era era molto brutta; era una mulattiera scomoda sia per i carri che per le macchine che allora cominciavano a circolare da quelle parti. Nicola Carosi, Giulio Marinelli, Spinucci Giulio, Di Giacomi Cesare andarono a Valle Orta e tracciarono la variazione dalla Chiesa nuova alle Casette. Tale nuovo tragitto occupava in parte la terra degli Istituti Riuniti di Cura e Ricovero. Questo Ente chiese in cambio l’apertura della strada per le Casette. Allora Nicola Carosi con la buona volontà della gente, dei proprietari della terra disegnò e realizzò la nuova strada di Valle Orta con la variante per Casette e per la Chiesa nuova. Se non era per Nicola non si faceva.

Altra opera importantissima fu quella di portare a pareggio i bilanci del Comune. Allora l’Amministrazione aveva molti debiti, per pareggiare il bilancio furono aumentati: l’assegno sul bestiame, la tassa di famiglia, inoltre venne messa la tassa sui cani e il bollo al carro agricolo. A quel tempo facevo parte della Commissione per le tasse, mi ricordo che qualcuno si lamentò ma alla fine ed entro breve tempo il bilancio fu pareggiato. Dalla parte provinciale, sia la Prefettura che dalla Democrazia Cristiana, Nicola era ben visto, perché era attivo e rimise l’amministrazione a posto dando vita a parecchie iniziative. Ancora ricordo: la costruzione del lavoro pubblico e dei gabinetti pubblici, la sistemazione delle strade di campagna e quelle del paese; ad es. via Giovanni Massimo.

Ci fu la ricostruzione di Appignano sia interna che esterna, le strade che erano a pietra ( ma sdrucciolevoli) vennero modificate. Infatti quando io portavo la posta mi ricordo che si brecciavano le strade. Fu portata poi l’acqua, la luce nel centro abitato e nelle campagne, fu fatta la proposta per la nuova scuola media e costruiti i porcili dentro al fosso ecc..

Per quanto riguarda i porcili mi ricordo che prima essi erano nel paese vicino alle case, negli orti. Non ci si poteva muovere senza incontrarne qualcuno. Questo fatto era veramente poco igienico e peggiorava soprattutto d’estate quando il caldo acuiva gli odori. Per eliminare tutto questo, l’amministrazione pensò che i porcili dovevano stare tutti in una parte e lontano dal centro abitato. Acquistò allora un terreno in località “fonte delle botti” e concesse ai capofamiglia più poveri 8 mq di terreno per la costruzione dei porcili disponendo anche misure uguali per la costruzione degli stessi. All’inizio tutti brontolarono ma quando si accorsero che per arrivare al porcile l’amministrazione aveva costruito una bella strada, larga, pulita e che l’acqua non doveva essere portata da casa giacché era stato costruito per l’occorrenza anche un pozzo, tutti furono contenti. E furono veramente in molti a rallegrarsene giacché a quel tempo ogni famiglia aveva 2 o 3 maiali.

Per quanto poi riguarda il problema della scuola media, debbo dire che il Carosi lo ebbe molto a cuore; egli si rammaricava nel sapere che il nostro comune non aveva il grado di scuola superiore alle elementari. Si adoperò allora e si impegnò per ottenerlo. Quando finalmente vi riuscì momentaneamente sistemò la scuola nei locali del vecchio comune, contemporaneamente, progettò la costruzione di un nuovo e grande edificio scolastico da realizzare con i fondi del terremoto del ’43.

Anche nella seconda amministrazione Nicola Carosi operò sempre per il bene del paese e tutta la popolazione era con lui. Alle votazioni ebbe il maggio numero di voti, purtroppo però questo secondo incarico finì presto perché morì, altrimenti io credo che ancora oggi sarebbe lui il Sindaco. A proposito delle elezioni amministrative del ’64 voglio ricordare come il Carosi venne eletto Sindaco. Alle consultazioni popolari anche se non volle essere designato capolista egli riportò le maggiori preferenze. Per l’elezione del Sindaco dopo la vittoria della Democrazia Cristiana ci riunimmo in sezione. Quella sera il partito fece il nome di Filippono Antonio (l’ex sindaco) per la carica di Sindaco. Noi avevamo visto che non era lui che amministrava; amministravano i signori del direttivo sezionale. Decidemmo allora di scegliere la persona adatta. Le tre votazioni ci furono perché per ordine del partito si votava sopra al tavolo. Dietro di noi c’erano i “galoppini” che guardavano quello che facevamo. Nelle prime due votazioni si rispettò il volere del partito, ma , quando poi ci si accorse che non si faceva altro il gioco dell’opposizione, si decise di fare la volontà del popolo, giacché esso stesso aveva scelto dando quella stragrande preferenza al Carosi e non al capolista ed ex sindaco. Dissi a Italo Marinelli: “O Italo, adesso viene fuori undici!” e glielo scrissi su un pezzo di carta. Decisi di votare Nicola perché pensai: “Se voto Filipponi tutt’al più potrà averne sette; se voto Nicola Con il mio è dieci e con il suo è undici” (Nicola non si votò nelle prime due votazioni). Alla terza votazione, infatti, Nicola ebbe undici voti come previsto e fu eletto Sindaco. Da quel momento i signori membri del direttivo, ci misero fuori dal partito e ci denunciarono ai probiviri. Fummo espulsi dalla DC e ci tolsero la tessera.

2a Parte – Appignano del Tronto ,  lì  24.11.1983

- Qual’era il metodo che si sceglieva a quel tempo quando c’erano in vista le consultazioni?

-  Adesso le cose in Appignano sono molto cambiate;  è nata una lista civica.  Prima che si facessero le elezioni in questo modo,  io andai alla Democrazia Cristiana come cittadino di Appignano,  perché non avevo la tessera,  e dissi: “Voi fate la lista a modo vostro,  questo non si fa.  La lista si dovrebbe fare come faceva Nicola Carosi.  Ci si riuniva a Valle Orta,  a S. Martino,  a Monte Calvo,  a Valle Chifenti e in paese ; con i vostri capifamiglia, Con le persone che più capivano, si sceglievano due consiglieri per contrada. Ognuno poi votava il suo rappresentante di zona che poi avrebbe portato in consiglio le necessita di quella parte del comune.” Un altro particolare di quel periodo era che tutte le domeniche,  verso sera, assessori e consiglieri facevano una passeggiata. Mi ricordo che ognuno diceva la sua; ci consigliavamo come la chioccia con i suoi pulcini;  allora Nicola,  che era il Sindaco,  si rendeva conto di come doveva agire e faceva le cose con l’idea di accontentare, se era possibile,  sia l’uno che l’altro,  non faceva parzialità né tantomeno le vendette personali; cercava di agire sempre nel modo più giusto nell’interesse del popolo.  Disgrazia volle che si ammalò e ci ha lasciati.  Io ho visto che molti uomini di buona volontà sono stati allontanati dai politicanti, cosi successe ad Aldo Laganà che fu mandato a Roma e a Tozzi-Condivi, che volevano quasi metterlo  da parte.

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