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NAZZARENO ALESSI

 

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PENSIERI

“Quando incominciarono nel 1965 per Carosi i sintomi del male mi disse: “ Io mi ritiro”.
Ma non si ritirò. Venne sempre al Comune e in seguito, quando non poté più alzarsi dal letto, io, insieme ai consiglieri e alla guardia comunale andavo a casa sua. Là mi dava istruzioni e mi diceva il da farsi.
Una volta, stava per scadere il periodo di tempo che aveva stabilito il comune per li medico di Castel di Lama dott.Calvaresi. Per farlo continuare a lavorare doveva essere il Sindaco stesso con la giunta a deliberarlo. Gli telefonai, allora era ricoverato a Bologna.

“Come facciamo?” gli dissi.
“Ritorno io” rispose, e tornò da Bologna per due giorni, poi si ricoverò di nuovo”. - Ettore Nardinocchi -

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Membro del direttivo della Democrazia Cristiana.

Appignano del Tronto,    lì  23.11.1984

-Quando ha conosciuto il Carosi?

-Conoscevo il Carosi sin da quando eravamo studenti. Noi andavamo a scuola in Ascoli e siccome mancavano i mezzi, percorrevamo sempre questa distanza in bicicletta.  Appena saliti in bicicletta (ne eravamo 5 o 6) e appena fatta la discesa,  Nicola cominciava a cantare l’inno al Creatore:   “Tu che gli astri intorno muovi nelle azzurre vie del cielo …” L’inno era magnifico,  lui lo cantava ad alta voce e noi in coro. Mi è rimasto sempre impresso un fatto che ci capitò proprio in uno di questi percorsi.  Alle querce, incontrammo un uomo con un carrozzino e un somarello (eravamo nel periodo prima della guerra).  Ci fermammo.  Questo poveretto fermo,  quasi immobile ci guardava con occhi imploranti.  “E’ da ieri che non mangio – ci disse – datemi qualche soldo per comperare qualche cosa da mangiare “.  Allora Nicola disse:  “Oggi facciamo digiuno”. Levammo quel poco di roba che avevamo da parte (noi non andavamo a mangiare in Ascoli, al nostro vitto provvedevano direttamente le nostre mamme: un pezzettino di pane con qualcosina dentro) e lo demmo tutti a quel vecchietto. Ho militato con Carosi nell’Azione Cattolica. Abbiamo vinto un’infinità di gare a tempo di Don Carlo Capriotti;  vantavamo a quel tempo un’azione cattolica forte e viva. In ogni concorso eravamo sempre presenti,  in modo particolare il Carosi perché io per un periodo sono stato in seminario. Come uomo Carosi fu un grande cattolico,  un grande protagonista.  Sono stato vicino a Carosi nelle battaglie politiche della Democrazia Cristiana ma qualche volta non andavamo d’accordo. Come amministratore Carosi aveva un suo modo di fare che alcune volte differiva dal mio;  era uno di quelli che non voleva gravare il bilancio comunale di debiti. Io, forse perché ero abituato a fare sempre debiti e a pagare sempre con la tratte, la pensavo diversamente.  Mi diceva sempre:  “Ricordati che dobbiamo fare i conti con il bilancio“.  Ed io di rincalzo rispondevo: ”Ma c’e lo Stato che paga“.  Infatti avevo visto che a Bologna, nonostante i soldi mancanti si era realizzato molto. Debbo oggi fare una considerazione; forse il pensiero di Carosi era sbagliato perché penso si sarebbe potuto fare qualche cosa in più, ma allora tutti cercavano di prendere e di spendere senza rendersene conto. Se tutti si fossero mantenuti su quella linea di serietà e di serenità amministrativa come quella di Carosi non avremmo trovato il bilancio dello Stato disastrato come è oggi.

-E’ vero che con il Carosi aveva dei punti di contrasto?

-Si. A volte avevo dei punti di contrasto con il Carosi. Uno riguardava il bilancio comunale e questo già gliel’ho detto. Un altro contrasto con il Carosi veniva dalla diversa interpretazione della funzione delle correnti.  Carosi era per l’unità del partito e per il centrismo, io pensavo invece che le correnti volessero significare un nuovo contributo di idee, di realtà; un nuovo supporto vivace in seno alla stessa Democrazia Cristiana. Invece non è stato così;  noi di periferia ci siamo trovati coinvolti in una lotta di potere.  Sul piano umano non avevamo però contrasti anche perché, debbo dire, che alla mia famiglia Nicola ha fatto dei grandi favori; in particolare a mia madre. Successe questo: subito dopo la guerra mia madre si ammalò;  doveva essere ricoverata a Roma ed operata.  La mia famiglia però a quel tempo non aveva i soldi per tutte quelle cure; qualcuno allora mi suggerrì di rivolgermi all’E.C.A. (Ente Comunale Assistenza). In tal caso avremmo avuto delle agevolazioni.  Mi rivolsi a Nicola che a quel tempo era Sindaco: “Non ti preoccupare mi disse - di questi certificati ne firmerei 2.000 al giorno pur di fare del bene;  però la retta che mi manderà Roma dovrete impegnarvi a pagarla voi,  perchè non posso impegnare il Comune a far pagare questi soldi.”  Noi sottoscrivemmo questo fatto;  tutto andò bene;  mia madre guarì e tornò a casa.  Quando arrivò la retta chiesi a Nicola se poteva farmela pagare un po’ alla volta piano,  piano.  Anche qui fummo agevolati, infatti la mia famiglia non ne risentì.

-Ricorda qualche episodio in particolare delle attività amministrative del Carosi?

-Carosi aveva molto a cuore i problemi del suo paese.  Mi colpì una frase che disse un giorno a proposito delle precarie condizioni delle strade di campagna: “Dobbiamo preoccuparci per accomodare le strade di campagna. Questi poveretti devono sempre camminare in mezzo al fango e alla terra,  non possiamo certo permetterci di mettere tante paia di scarpe nuove e pulite all’ingresso del paese per quanti contadini vengono dalla campagna”. Una sera lo vedo comparire nel mio ufficio. Tutto eccitato mi dice che ha saputo che il giorno seguente,  all’Ufficio del Lavoro ci sarebbe stata la probabilità di avere un cantiere per il nostro comune; il cantiere voleva dire possibilità di costruire, accomodare, voleva dire giornate lavorative per gli appignanesi, lavoro in una parola. Mi dice pure, però, che bisogna far presto, sa per certo che il cantiere interessa a qualche altro comune. Io li chiedo: ”Sei convinto di volerlo?” “Si” mi risponde  “con questo voglio pulire sotto Appignano proprio dove c’è quel bosco tutto pieno di sporcizia.  Una volta che tutto sarà pulito ci metteremo la bambinopoli o con l’aiuto della forestale ci faremo dei gradoni. Allora diventerà possibile anche passeggiarci”.  Stabilimmo così che il mattino seguente saremmo andati in questo ufficio ancor prima dell’orario d’apertura.  Così fu e, proprio per questa sua sollecitudine, conquistammo quel cantiere.  Per l’esattezza per 10 minuti, tanto, infatti fu il ritardo del parroco dell’altro comune. Mentre andavamo via e scendevamo le scale, Nicola mi disse: ”Dobbiamo subito chiederne un altro perché facendo il conto delle giornate che ci hanno dato non riusciamo a fare tutto quello che ho programmato.”  Poco dopo però si ammalò.  Tutto finì così e,  sotto Appignano,  tutto è rimasto come prima.  Concludo dicendo che nel campo amministrativo Carosi era più grande di noi, era uomo di rigore, persona integerimma, di una forte oculatezza amministrativa ma anche di una grande fede cattolica”.

-Perché Carosi decise di non ripresentarsi nelle amministrative del ’51?

-In Appignano, in quel periodo, in sezione, incominciarono a nascere la prime divergenze, le prime contrapposizioni, che sfociarono poi, in un secondo momento, in vere e proprie correnti. Carosi non condivideva tutto questo. La sua era stata la scelta di un ideale e finchè visse operò sempre nel convincimento di agire in coerenza con quei  principi, con quegli  ideali che aveva abbracciato. Intanto nuove responsabilità familiari lo portarono ad allontanarsi saltuariamente da Appignano.  Così, quando nel ’51 terminò il suo mandato,  si trasferirà definitivamente ad Ascoli e non si interesserò più di politica attiva.  Con il passare degli anni,  non rinnovò più la sua tessera e non si interessò più di politica.  Rimase però sempre amico dell’onorevole Tozzi-Condivi il quale era, pure lui, contrario ai gruppi di potere e alle correnti.

-Perché Carosi venne richiamato dal partito nel ’64?

-A quel tempo io ero nel Direttivo come vice-segretario e nel Consiglio Comunale.  Per quelle elezioni andavamo alla ricerca di persone degne di fiducia, veramente serie ed impegnate giacchè i voti alla Democrazia Cristiana erano andati via via descrescendo; si era arrivati agli 862 voti del 1963 contro i 1168 del 1948. Non era più tempo di portare in Consiglio Comunale quelli che si mettevano a sedere e si alzavano non portando nessun contributo. Una sera, mentre stavamo discutendo di questo nel partito, venne fuori il nome di Nicola; si era in forse perché non sapevamo se Nicola avrebbe accettato. “Basta telefonargli” dissi io. Così fu fatto e il giorno dopo,  la domenica mattina,  puntuale arrivò Nicola.  “Entra nel partito “–dissi io –“ stavolta ci mettiamo a lavorare seriamente”. Mi rispose che aveva tanti impegni. In ogni caso però avrebbe aiutato il partito, l’importante era che non venisse nominato Sindaco perciò mi pregò di non metterlo capolista. Alla consultazione popolare la Democrazia Cristiana vinse e Carosi ebbe un vero successo personale per numero di preferenze.

-Che cosa successe in sezione la sera del 7 Dicembre ’64?

-Quella sera in sezione stilammo tutti gli incarichi;  apponemmo la nostra firma e alle 10,30 uscimmo. Designammo Sindaco Filipponi  (il Sindaco uscente).  Durante la notte (ricordo che Nicola non c’era perché,  dopo la riunione, riparti subito per Ascoli) qualcuno invece incominciò a pensarla in un altro modo. Il giorno dopo,  quando entrammo in Consiglio Comunale,  c’era troppo silenzio e si vedevano biglietti che giravano.  Io chiesi a Spinucci che stava vicino a me:  “Ma che succede?”.  “Qualcosa si stà tramando,  mi sembra che le cose non vano bene”.  Di fatti quando si va alla votazione Filipponi non esce, un gruppo aveva votato Nicola Carosi.  Quelli della minoranza,  quando videro  la maggioranza spaccata si offrirono a dare il voto al Sindaco.  Fu però solo una mossa,  perché l’avv. Allevi,  del Partito Comunista Italiano,  disse chiaramente:   “Sono cose vostre, noi non ci entriamo”.  Io seppi più tardi perché ci fu quel voltafaccia;  dicevano che per il fatto che l’ex-Sindaco Filipponi si sarebbe trasferito con la propria famiglia a San Benedetto del Tronto,  sarebbe accaduto che di fatto, il Sindaco avrei finito per farlo io.  A quel punto io mi astenni,  anche se c’erano tanti fattori per cui avrei dovuto votare Carosi.  Ripeto, comunque,  non lo votai per una questione di principio.  C’era un verbale nella sezione della Democrazia Cristiana dove tutti avevamo apposto la nostra firma; c’era quindi un accordo da rispettare.  Se erano sorti nuovi problemi sarebbe stato più giusto parlarne prima, in sezione, si sarebbe addirittura potuto spostare la seduta del Consiglio Comunale al giorno dopo … non e’ giusto tramare di nascosto.  Alla 3° votazione Carosi fu eletto Sindaco.  Quando rividi Nicola dopo questi fatti,  mi disse che era stato all’oscuro di tutto fino alle due del pomeriggio del giorno 8.  Io gli credetti. In seguito mi rincontrò e mi disse: “Se e’ per rimettere tutto in pace, sono pronto a dimettermi oggi stesso,  anche perché non volevo fare il Sindaco (e questo te l’ho detto sin dall’inizio);  non vado neanche a giurare dal Prefetto …”. In ogni caso, con il passare dei giorni tutto si sistemò,  Carosi veniva  al Consiglio direttivo della Democrazia Cristiana e non abbandonò il partito nel modo più assoluto.

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